Solidarietà passiva e parziarietà nel condominio

Con la storica sentenza n. 9148 dell’8 aprile 2008 emessa dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite e con la modifica dell’art. 63 delle disp. att. cod. civ., avvenuto con la legge 220/2012 (entrata in vigore il 18.06.2013), si è in pratica messo un punto fermo sulla parziarietà nel condominio escludendo la solidarietà passiva tra i condomini sulle obbligazioni pecuniarie assunte verso terzi.

Mentre prima il creditore del condominio poteva agire direttamente su uno qualsiasi dei condomini per il recupero del credito, con la sentenza 9148/2008 e la modifica dell’art. 63 disp. att. cod. civ. ed in particolare con la modifica dei commi I e II il legislatore ci sembra abbia voluto assegnare una duplice garanzia, una a favore del creditore: (I comma) ed una a salvaguardia del condomino in regola con i pagamenti (II comma).

  1. comma: “Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi”
  2.  comma: “I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini”

La modifica dei due su citati comma dell’art. 63 disp. att. cod. civ. porterebbe a pensare che in caso di morosità da parte di alcuni condomini, che comporterebbe il mancato rispetto dell’obbligazione assunta verso un creditore, sarebbe sufficiente la semplice comunicazione al creditore da parte dell’amministratore dei dati dei condomini non in regola con i pagamenti, ma non è così.

A chiarificazione di come ci si dovrebbe comportare, sia da parte dell’amministratore che da parte del creditore, riportiamo di seguito (in corsivo di colore blu) parte di un articolo apparso sulla rivista “Consulente Immobiliare/Il Sole 24 Ore n. 1003 lug. 2016 – redatto a cura dell’avvocato Paolo Accoti che ci sembra molto esplicativo dell’obbligazione parziaria:

Si è fatta strada ultimamente un’insana convinzione, specie in alcuni amministratori di condominio, che sembrerebbe abbiano male interpretato sia il pronunciamento delle Sezioni unite (n. 9148/08), sia la nuova formulazione dell’art. 63 disp. att. cod. civ.

Qualcuno infatti ritiene che il creditore del condominio debba rivolgersi direttamente verso il condomino moroso per il recupero del credito: in altri termini, che abbia azione diretta nei confronti di quest’ultimo in relazione al credito maturato nei confronti della collettività, ma onorato solo da alcuni condomini in regola con i pagamenti.

Invero l’amministratore non può ribaltare un suo preciso onere addossandolo al creditore, magari fornendogli sin dall’inizio il nominativo dei condòmini morosi, affinchè questi agisca direttamente nei loro confronti, ritenendo con ciò di aver assolto al suo compito ovvero di sentirsi esonerato da qualsiasi responsabilità.

ciò per due ordini di motivi:

  1. l’obbligazione pecuniaria è sorta in capo al condominio nella sua interezza e non nei confronti dei singoli, pertanto il creditore non avrebbe alcun titolo idoneo a fondare un credito nei confronti di ciascun partecipante alla comunione;
  2. il singolo condomino è obbligato esclusivamente nei confronti dell’amministratore per la propria quota e in ragione dei millesimi di proprietà, fatto salvo il dovere dell’amministratore di versare la stessa in favore del creditore del condominio.

Nelle obbligazioni de quo, infatti, i contraenti risultano sempre il prestatore d’opera o del servizio ovvero il fornitore del bene e l’amministratore del condominio, quale mandatario dell’assemblea condominiale, mentre il singolo condòmino rimane estraneo al rapporto contrattuale, essendo obbligato esclusivamente a versare la quota di sua competenza nelle mani dell’amministratore, al fine di adempiere alla sua obbligazione in merito alla partecipazione alle spese necessarie  per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, in misura proporzionale al valore della proprietà (art. 1123 cod. civ.).

Tanto è vero che la giurisprudenza ha avuto modo di affermare come il condominio si ponga verso i terzi come soggetto di gestione dei diritti e degli obblighi dei condòmini, attinenti alle parti comuni, sicchè l’amministratore è rappresentante necessario della collettività dei partecipanti, sia quale assuntore degli obblighi per la conservazione delle cose comuni, sia quale referente dei relativi pagamenti (Cass, civ., Sez. VI, ordinanza 17 febbraio 2014, n. 3636).

Da ciò discende che: il condòmino non è abilitato a versare la sua quota parte direttamente nelle mani del creditore del condominio, non avendo assunto alcuna obbligazione diretta nei confronti dello stesso, ma neppure lo stesso potrebbe considerarsi liberato dall’obbligazione nei confronti dello stesso condominio per la quota parte delle spese necessarie al godimento e alla conservazione della cosa comune o dei servizi usufruiti.

Infatti nella richiamata sentenza è stato statuito come <<non è idoneo a estinguere il debito pro quota il pagamento eseguito dal condòmino direttamente a mani del creditore del condominio, se tale creditore non è munito di titolo esecutivo verso lo stesso singolo partecipante>>, principio peraltro già affermato in precedenza (Cass. civ., Sez. II, 29 gennaio 2013, n. 2049).

Ciò posto, il creditore deve dapprima munirsi di titolo nei confronti del condominio, sia esso un decreto ingiuntivo o una sentenza di condanna, e, una volta notificato lo stesso, dovrà attendere che l’amministratore, convocata l’assemblea, ripartisca il debito tra tutti i condòmini sulla scorta dei rispettivi millesimi di proprietà.

Pertanto è lo stesso amministratore a doversi fare carico di reperire le somme dai condòmini morosi, per estinguere l’obbligazione contratta dal condominio.

Infatti, ai sensi dell’art. 63 disp. att. cod. civ., il medesimo, senza bisogno di autorizzazione assembleare, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo e, in caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, può sospendere il condòmino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato.

In altri termini, sullo stesso incombe un vero e proprio obbligo di agire nei confronti dei morosi entro un semestre; in mancanza lo stesso andrebbe incontro a responsabilità che potrebbero addirittura protrarsi fino alle estreme conseguenze della revoca.

Nel caso di condòmino moroso, tuttavia, il creditore insoddisfatto può chiedere all’amministratore i dati dello stesso (art. 63,secondo comma, disp. att. cod. civ.). Solo in questo caso, pertanto, il creditore, una volta munitosi del titolo esecutivo nei confronti del condominio nella sua interezza, potrà agire personalmente nei confronti dei condòmini morosi, per la quota di rispettiva pertinenza, ma solo dopo la notifica agli stessi del titolo esecutivo già formatosi e del relativo atto di precetto. Questa pertanto risulterebbe la procedura corretta che il creditore dovrebbe seguire per cercare legittimamente di soddisfare la propria pretesa pecuniaria.

Fermo restando che, in ogni caso, il creditore, stante l’obbligatorietà del condominio di munirsi di un conto corrente specifico, sul quale fare transitare tutte le somme incassate dall’amministratore, potrebbe sicuramente pignorare in qualsiasi momento il conto corrente condominiale. Infatti, a prescindere dalla parzialità o no dell’obbligazione, lo stesso potrebbe aggredire le somme depositate su detto conto corrente, anche se per ipotesi sullo stesso versassero solo i condòmini in regola con i pagamenti.[Fonte: Consulente Immobiliare / Il Sole 24 Ore n. 1003 lug. 2016]